Come se lo stress per la scuola non fosse abbastanza, con così tante materie da studiare, sta diventando sempre più diffusa la situazione di molestie attraverso Internet.
Bullismo a scuola
Già di per sé nell’ultimo decennio si è assistito ad un aumento notevole di casi di bullismo in ambito scolastico in età adolescenziale e preadolescenziale. Al giorno d’oggi poi questa nuova modalità di maltrattamento, nonostante non sia diretta, ha le stesse conseguenze negative per la vittima, sia per la salute fisica che per quella psicologica, e ha portato addirittura al suicidio di alcune delle vittime a causa della disperazione che genera.
Fortunatamente negli ultimi anni c’è stato un aumento della consapevolezza da parte di diverse istituzioni sui programmi di prevenzione ed educazione, sia per i giovani affinché denuncino, come per i genitori e i professori affinché sappiano dare una risposta a una situazione fino ad ora nuova per loro. Ma se è vero che la scuola si sta trasformando in un luogo più “propizio” per questo tipo di maltrattamento, è possibile affrontare il Cyberbullismo dalla scuola stessa?
Questo è quanto ha cercato di scoprire l’Università di Regents insieme all’Università di Londra (Inghilterra) i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica International Journal of Emotional Education.
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Cyberbullismo a scuola
Alla ricerca hanno partecipato venti studenti universitari con età comprese tra i 21 e i 30 anni, dei quali diciassette donne, che sono stati divisi in tre gruppi, la vittima, il bullo e il “pubblico”. Ad ognuno di questi è stato affidato un ruolo (role-play) che dovevano interpretare e mettersi nei panni del personaggio, commentando tra i membri del gruppo i sentimenti e le emozioni che generava, per poi infine condividere il tutto con i diversi gruppi.
I risultati qualitativi suggeriscono che gli alunni si identificano facilmente con il bullo, considerando la persona maltrattata come responsabile della sua situazione, vedendola come fallita o emarginata, e trovano difficile mettersi nei panni della vittima.
Ciò indica che è necessario lavorare sulla figura dell’aggressore e sulla violenza che implica, quando è vista come qualcosa di “socialmente accettabile” in un mondo competitivo, allo stesso tempo occorre lavorare sull’immagine della persona maltrattata, per poter trasmettere in maniera corretta il suo ruolo, di vittima e non di “perdente sociale”.
Sebbene i risultati siano rivelatori in termini di sentimenti su cui lavorare, occorre ancora che il tutto sia trasformato in un programma di intervento educativo che possa essere introdotto in altre scuole e università, con il quale combattere efficacemente questa “epidemia” di Cyberbullismo che fino ad ora non sembra arrestarsi se non tramite denuncia alla polizia.
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